“Mito e realtà del diritto di voto”: a Cuneo e Alessandria la XV Scuola del Centro Giolitti

A cent’anni dall’introduzione del suffragio universale maschile

Giolitti

Giovanni Giolitti

Cuneo Mentre riprende il dibattito sulla riforma della legge elettorale, il Centro Giolitti invita a riflettere sul tema organizzando la XV Scuola di Alta Formazione in programma tra Cuneo, Dronero e Alessandria dal 9 all’11 novembre dal titolo “Mito e realtà del diritto di voto. Dall’età Giolittiana al regime 1913-1929”. L’iniziativa, diretta da Aldo A. Mola,  arriva nel centenario della prima elezione della Camera dei Deputati a suffragio universale maschile ed è organizzata dal Centro europeo Giovanni Giolitti per lo studio dello Stato con la Provincia di Cuneo, in collaborazione con l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e con il Centro Studi Urbano Rattazzi (Alessandria), sotto l’egida dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (Napoli), con l’adesione dell’Associazione Nazionale ex Allievi della Nunziatella, del Comitato di Cuneo dell’Istituto per la Storia del Risorgimento, dell’Associazione di Studi sul Saluzzese e del Centro Studi Piemontesi e il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo.

L’apertura della scuola avverrà sabato 9 novembre alle 9 al Centro Incontri della Provincia con la partecipazione del senatore Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, uno dei massimi esperti di questioni elettorali e di diritto parlamentare. I lavori saranno introdotti dal presidente del Consiglio provinciale Giorgio Bergesio. Sono attesi anche Tito Lucrezio Rizzo, Consigliere Capo Servizio della Presidenza della Repubblica, Col. Antonino Zarcone, Capo Ufficio Storico Sme, Juan José Morales Ruiz, Uned e Dario Fertilio, Comitates pro Libertatibus. Sono previste altre due sessioni a Dronero il 10 novembre (Cinema teatro Iris) e ad Alessandria (Liceo Scientifico Galilei) l’11 novembre.

Le leggi elettorali bastano da sole a garantire la democrazia? “Secondo Giolitti – come ricorda lo studioso Mola – il conferimento del diritto di voto ai maschi maggiorenni doveva garantire la partecipazione democratica alla vita politica. Per di più la riforma Giolitti introdusse una modesta indennità ai deputati per consentire anche ai più umili di rappresentare la nazione. Contrariamente alle migliori speranze, la prima Camera eletta a suffragio universale risultò invece incapace di tenere in pugno le sorti dell’Italia nello scontro fra neutralisti e interventisti (prevalentemente extraparlamentari), germe di guerra civile strisciante, e durante la Grande Guerra”. Prima di sciogliersi, quella stessa Camera (la più durevole della storia d’Italia: 1913-1919) introdusse il riparto dei seggi tra i diversi partiti in proporzione ai voti ottenuti, la cosiddetta “maledetta proporzionale”  che impedì qualsiasi stabile maggioranza. “Tra il 1919 e i 1922 – continua Mola – con l’insuccesso di sei diversi ministeri in due anni, spianò la via a Benito Mussolini, il cui governo (inizialmente di coalizione nazionale) fu approvato a stragrande maggioranza dalla Camera eletta nel maggio 1921 con la regia di Giolitti. Nel 1923 il Parlamento approvò la “legge Acerbo” che assegnò due terzi dei seggi a chi ottenesse almeno il 25% dei voti (altro che “Porcellum”)”. Nel 1928, infine, la Camera stabilì che i suoi 400 futuri componenti sarebbero stati scelti dal Gran Consiglio del Fascismo e candidati in un collegio unico nazionale, nel “listone”. Alle elezioni del 24 marzo 1929 votò quasi il 90% degli aventi diritto, quasi tutti a favore del “listone”. “Al regime di partito unico – conclude Mola – l’Italia non arrivò con un “colpo di Stato” ma con una votazione dopo l’altra, col plauso degli elettori. In sé, dunque, il suffragio universale non è tutto. L’importante è come il voto viene utilizzato dai cittadini. Tra il 1913 e il 1928 si susseguirono quattro diverse leggi elettorali. I votanti aumentarono; la democrazia no”. Su questi temi, appunto, riflette la XV Scuola del Centro Giolitti. Informazioni in www.giovannigiolitti.it.

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