17 marzo festivo. Gianna Gancia: “Problema non è un giorno ma troppe ferie. Dipendenti pubblici loro malgrado lavorano poco più di un giorno su due”
Cuneo Intervengo a margine della discussione nazionale sulla festività per il 17 marzo intanto per dire che non voglio entrare nel merito delle motivazioni. Piuttosto, guardando alla produttività del pubblico impiego, dico che la mia esperienza m’insegna che il problema non è un giorno in più o in meno per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia, ma sono i 32 (trentadue) di ferie che l’attuale contratto nazionale riconosce ai dipendenti del Pubblico Impiego in presenza d’un orario settimanale che si ferma alle 36 ore con tanto di mercoledì e venerdì pomeriggio liberi. Preciso che non è in alcun modo un problema di costo del lavoro. Ma di produttività sì, perché se ai 365 giorni dell’anno si sottraggono i 104 sabati e domeniche, scendiamo a quota 261, dai quali precipitiamo a quota 229 una volta conteggiate le ferie e sotto quota 220 a colpi di festività infrasettimanali. E tutto questo senza considerare permessi, straordinario da recuperare (obbligatoriamente perché l’Ente non può pagarlo), benefici vari che fanno sì che non sia improprio affermare che al lavoro ci si presenta un giorno sì e l’altro no, o poco di più.
Questa è la sfida per la Pubblica Amministrazione in Italia. E’ la sfida della produttività, oggi non ai livelli ottimali nonostante l’impegno delle tante, tantissime ottime professionalità che anche in Provincia lavorano e che sono le prime ad essere vittime d’un sistema non più all’altezza dei tempi. La partita della competitività è decisiva tanto per il privato quanto per il pubblico.
I contratti nazionali dovrebbero superare questi ‘finti’ privilegi per fornire anche ai datori di lavoro e ai dipendenti pubblici opportunità di valorizzazione individuale. Qualcosa è stato fatto ma la strada è ancora lunga.